LA PUBBLICITA' CI FA INSEGUIRE LE AUTO E I VESTITI, FARE LAVORI CHE ODIAMO PER COMPRARE CAZZATE CHE NON CI SERVONO.
(Tyler Durden)

Citazione del mese:

"Ci trattavano come delle stelle del Cinema, ma eravamo più potenti, eravamo tutto. Le nostre mogli, le madri, i figli campavano bene con noi. Io avevo dei sacchetti pieni di gioielli nella credenza in cucina, avevo una zuccheriera piena di cocaina sul comodino accanto al letto. Mi bastava una telefonata per avere tutto quello che volevo: macchine gratis, le chiavi di una dozzina di appartamentini in città. Scommettevo 30 mila dollari ai cavalli di domenica, e sperperavo le vincite la settimana dopo oppure ricorrevo agli strozzini per pagare gli alibratori. Non aveva importanza, non succedeva niente quando eri in bolletta andavo a rubare un altro po' di grana, noi gestivamo tutto; pagavamo gli sbirri, pagavamo gli avvocati, pagavamo i giudici stavano sempre con la mano tesa, le cose appartenevano a chi se le prendeva. E adesso è tutto finito. È questa la parte più dura, oggi è tutto diverso. Non ci si diverte più, io devo fare la fila come tutti gli altri e si mangia anche di schifo. Appena arrivato ordinai un piatto di spaghetti alla marinara e mi portarono le fetuccine col Ketchup. Sono diventato una normale nullità. Vivrò tutta la vita come uno stronzo qualsiasi."

("Quei bravi ragazzi")

martedì 7 aprile 2009

Fire (1996)



Una delle prime esperienze indiane è la trilogia di Deepa Mehta…la prima è stata Moonson Wedding: niente male, ma Metha è su un altro pianeta!

Banalmente potrebbe essere descritto come un film incentrato sulla storia lesbica di due cognate…

Ripeto, banalmente.

Tralasciando i colori mozzafiato, l’ambiente incantevole; la bravura delle due attrici protagoniste, la loro bellezza travolgente, la profondità e l’innocenza dei loro sguardi; l’infamia degli uomini coinvolti nella storia; l’evoluzione della trama narrata in modo eccellente, le loro musiche di accompagno, mai forzate bensì sempre idonee perché proprie del film stesso; la tenerezza che suscitano le due donne a causa della sterilità dei rapporti matrimoniali, lo sfogo della troppa sottomissione femminile ormai fin troppo conosciuta in ogni parte del mondo…..resta un comunissimo film sentimentalmente mieloso e narrativamente noioso recitato da insipidi attori e più che mai attrici di bassa categoria e inconsistente empatia..



Un elogio generico al cinema indiano? Un disprezzo accentuato di Hollywood?

..non è esattamente vera la prima, né la seconda possibilità… troppi pochi film per poter avere un’idea realista del cinema indiano e una grande quantità di film statunitensi è stato il mio pane quotidiano per molto tempo, divorandolo avidamente..

È bensì la constatazione dei fatti, la pellicola parla da sola.. di qualsiasi produzione sia un film se vale sarebbe bene che i confini politici non influenzassero il suo andamento nelle sale cinematografiche, né tantomeno la diffusione casalinga.

Personalmente, Fire, l’ho trovato il meno entusiasmante della trilogia.. ciò non significa però che non valga!

Si vede una coppia di giovani sposi, e ci si chiede…perché mai lui la guardi tanto schifato, perché le continua a ripetere di allontanarsi da lui… nella nostra cultura, una coppia, almeno subito dopo sposati, vive il fatidico periodo del “tutto è speciale”, si cerca di passare il tempo insieme, visitare luoghi, conoscere le famiglie, gli amici, è ancora piacevole passare una serata abbracciati sotto le stelle, si cerca l’altro tra le lenzuola per fare l’amore:


Sita non ha mai potuto provare queste gioie, non sa cosa vuol dire coricarsi con la persona che ama accanto stringendogli la mano..le sue serate sono tutte uguali: aspettare annoiata il ritorno a casa di Jatin, finché non viene colta dalla stanchezza e addormentarsi sola nel letto.



Jatin non sta lavorando, non fa nulla per lei, per loro. Jatin continua a tradirla, giornalmente con la sua amante, a casa ognuno ne è consapevole.. ma la vita trascorre così, senza che lei si spazientisca, senza che lui si penta; il fratello di Jatin, Ashok e sua moglie Radha, vivono con loro; nessuno dice nulla, come se fosse la normalità, come se Sita non meritasse rispetto, non per essere la moglie di Jatin, ma per essere una persona, esattamente con gli stessi diritti di tutti gli altri esseri umani, come Jatin, come Ashok, il quale professa una fede e una giustizia incontrastata, ma non fa nulla davanti a tanta scorrettezza.



Sita, non prova rancore verso suo marito, non fa nulla, è rassegnata al suo destino di sposa fantoccio, ma inizia pian piano a vedere una rinascita all’interno di quella casa, le notti di tradimento di suo marito corrispondono a intense emozioni per lei; Radha, la sua amareggiata cognata, comincia a condividere con lei quei momenti..



Si vive interamente la lotta interiore di Radha, donna saggia, tutta d’un pezzo, la quale si sente palesemente tralasciata dal del marito.. sa cosa si fa e cosa non si fa, è consapevole di cosa la sua cultura le ha sempre trasmesso e cosa la sua cultura le ha sempre negato: decide.

Radha, per la prima volta, prende una decisione, che non è più continuare a subire le disattenzioni del marito, ma si lascia andare alla passione.

Comprende che la morale a volte esula dalla realtà, dalle sofferenze, dalla sensazione di solitudine, di impotenza..

Sita è il vento fresco della giovinezza, che tenta di estirpare le vecchie tradizioni obsolete e irrispettose.. Radha rappresenta l’India, Radha rappresenta i cambiamenti in atto.

Il finale del film rispecchia la mentalità indiana.. niente di più, niente di meno l’ipocrisia è di casa!

E l’amante di Jatin? Non è anche lei una vittima di questa cultura? Se lui non si fosse necessariamente dovuto sposare con Sita perché indiana, avrebbe potuto forse portare avanti alla luce del sole la sua storia con l’amante cinese… se la cultura fosse diversa..

Se.. se.. la cultura non è diversa, è come è.. e anche a lei Jatin continua a mancare di rispetto.


3 commenti:

mitu ha detto...

Se si riconosce la simbologia indiana, il film è più profondo di quanto sembra: il fuoco che purifica la donna, il lieto fine tipico delle storie indiane, il mancato termine per definire l'omosessualità femminile in una lingua che ha parole per tutto fin nei minimi dettagli
Il ruolo della donna in India è inestitente, o meglio, la donna esiste solo in quanto figlia di, moglie di, madre di.. E il fatto che nemmeno esista ancora una parola che descriva l'amore tra due donne, fa capire, o almeno, intuire in che condizioni sono costrette a vivere la maggior parte delle donne omosessuali (e non). Il finale tipico avrebbe dovuto essere un altro, per fortuna la regista ha "osato" (se così possiamo dire). Il fuoco come elemento puruficatore; il fuoco come punizione da scontare per cominciare una nuova vita; il fuoco come elemento di azzeramento per cancellare non i peccati ma una vita fatta di scelte imposte. Si possono dare varie interpretazioni sul finale del film che merita di essere visto, oltre che per la storia, anche per la regista e le attrici principali.

Locke ha detto...

Come al solito Mathilda sei bravissima a recensire film come posso dire alternativi.Sarebbe bello poter vedere questi film in TV ma credo sia difficilissimo e credo sia difficile anche cercarli

xero ha detto...

bentornata mathilda!

sono contento mancavano alla fermata le tue recensioni e sopratutto le tue prese in giro su romero e il criceto!^^

come dice locke il film sembra molto bello anche se difficilmente recuperabile! tu come l'hai visto in tv?

complimenti per la splendida recensioni e le bellissime foto!